L’europeismo di Prodi Anche il Kaiser voleva vincere la Grande guerra Nel libro scritto per Laterza con Marco Damilano, “Missione incompiuta”, Romano Prodi sostiene che proseguendo su questa strada, l’Europa andrà a pezzi inevitabilmente. In un’intervista al “Corriere della Sera” il fondatore dell’Ulivo ci da la conferma di questo suo convincimento. L’Europa è senza politica, e senza idee, asserisce. Per cui diventa molto difficile far riuscire a rispettare le regole. Il fatto che Junker abbia annunciato il suo piano di investimenti nove mesi fa, “il tempo in cui nasce un bambino” e non si sia visto ancora nulla, non aiuta, al contrario. Infatti ecco puntuale il lunedì nero dell’inizio di questa settimana dove in Spagna sono crollati i partiti tradizionale, mentre Francia e Inghilterra si sono chiamate fuori dall’accordo sugli immigrati. Il fondo lo si è toccato con la Polonia dove Duda ha vinto le presidenziali e Duda è un nazionalista bigotto, antieuropeo, antitedesco, antirusso. A questo punto sono talmente tanti i segnali di disgregazione, non abbiamo ancora parlato della situazione di Atene, che basta un piccolo evento, magari il referendum britannico ed ecco che tutta la costruzione va giù di un fiato. Del resto bisogna riconoscere a Romano Prodi che egli fu il primo a definire il suo stesso architrave, il patto di Stabilità, “stupido”, ed era presidente della Commissione europea, mentre che da presidente del Consiglio, nemmeno era entusiasta di entrare nell’euro. Avessimo aspettato, dal suo punto di vista era meglio. E però va detto che Romano Prodi mostra un europeismo di fondo incrollabile, per cui egli non ha perso la fiducia che ogni volta l’Europa si trovi sull’orlo del baratro, sia capace di effettuare un colpo di reni, uno scatto di nervi. Solo che poi non è convinto che Angela Merkel sia la persona più adatta per imporre una svolta, anche se ne avrebbe la forza. “La Germania”, sostiene Prodi, “non può prendersi la responsabilità storica che l’Europa si slabbri” ed ha ragione, il fallimento dell’Europa sarebbe in primo luogo il fallimento tedesco qualcosa che la riporterebbe diritta davanti alla sconfitta della prima guerra mondiale. Un salto all’indietro che nessuno a Berlino può permettersi. Solo che nemmeno il Keiser voleva perdere la guerra eppure la perse. Se lo stesso professore è costretto ad ammette di non vedere una politica alternativa a quella di Berlino, “siamo un’Europa a una dimensione, quella tedesca”, dice, deluso dall’incapacità di Francia, Spagna e Italia di attestarsi su una linea comune. Ma se la Germania ha sbagliato nell’impostazione avuta finora, tanto che non sappiamo come possa correggerla, e gli altri paesi sono ridicoli, chi lo fa il sospirato balzo di reni? Dopo aver letto l’intervista di Prodi, per lo meno chi non possiede la sua carica fideistica, si convince davvero che i giochi sono finiti e che questa volta l’Europa si sfascia. Roma, 26 maggio 2015 |